, Marzo 2012
Dare credito a chi innova
Il nuovo anno è cominciato e sappiamo tutti che non sarà facile per le imprese della distribuzione.
La congiuntura economica penalizza il mondo delle costruzioni, che vive in questo periodo dell’anno la stagione meno propizia per le vendite, ma i problemi del mercato assumerebbero ben altra rilevanza se le nostre aziende riuscissero a ottenere condizioni eque per l’accesso al credito.
Possiamo e dobbiamo fare di più per selezionare la nostra clientela in base all’effettiva solvibilità, allo scopo di riportare il fenomeno dei ritardati pagamenti alle sue dimensioni fisiologiche.
Ciò nonostante, per affrontare il periodo che ci separa dall’inversione della tendenza dominante, quello che manca veramente alle nostre imprese è un rapporto equilibrato con gli istituti di credito.
La situazione era già critica ma, dal settembre scorso, è ulteriormente peggiorata.
Le banche - è accertato - non concedono più i finanziamenti richiesti alle imprese che operano nell’edilizia, penalizzando l’intero settore e, in particolare, i distributori che ne costituiscono il perno.
Nessuna apertura di nuove linee di credito e, cosa ancor più grave, gli affidamenti sono stati drasticamente ridotti senza alcun preavviso e sono state applicate nuove condizioni senza una trattativa con i propri clienti.
Questi fatti sono estremamente gravi e giustificano la richiesta rivolta al presidente di Confcommercio - Imprese per l’Italia, Carlo Sangalli, di prendere seriamente in considerazione questo problema e di mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione di un’organizzazione così estesa e rappresentativa, per provare a risolverlo.
Sosteniamo con forza che questi provvedimenti unilaterali devono essere preceduti, come peraltro previsto dai regolamenti bancari vigenti, da un’informativa da parte della banca anticipata di almeno 60 giorni, per consentire all’imprenditore di prendere i provvedimenti che riterrà più opportuni, compresa la rescissione del rapporto.
Sono le piccole e medie imprese che, quotidianamente, movimentano denaro sui conti correnti consentendo alle banche stesse di formare il substrato della loro ricchezza.
Dobbiamo prendere coscienza che, senza i soldi e senza le operazioni effettuate dalle nostre imprese, le banche chiuderebbero i propri sportelli. Loro hanno bisogno di noi come noi di loro!
Ma da settembre a oggi qualcosa è cambiato. Il nuovo Governo, oltre a rimettere in sesto i conti pubblici e a ridare credibilità al nostro Paese in ambito internazionale, doveva restituire fiducia agli operatori economici, cominciando da quelli - come le banche - più esposte agli effetti di una crisi che è prima di tutto finanziaria.
Le imprese producono ricchezza, le banche non più! Perciò bisogna che le imprese si prendano un più ampio spazio di manovra, bisogna metterle nelle condizioni di attivare quei processi di innovazione e sviluppo richiesti da un mercato in rapida evoluzione e che, in un momento di crisi, non possono essere sostenuti dalle sole risorse aziendali.
Dobbiamo attivarci insieme, concretamente, a tutti i livelli, affinché il rapporto fra istituti di credito e imprese della distribuzione torni in condizioni di normalità, poiché il nostro settore è già ora uno dei più colpiti dalla crisi e, senza i distributori di prodotti per l’edilizia, si pone a rischio anche una grandissima parte delle imprese edili e artigiane che, in modo onesto e contro tutte le difficoltà, vogliono continuare a restare nel mercato.
Sono fermamente convinto che i colleghi imprenditori debbano porsi all’avanguardia del mercato e dimostrare nei fatti che le loro imprese sono attente al cambiamento e capaci di innovare, qualificando la propria offerta sia con prodotti evoluti, che incontrano le aspettative del pubblico in ordine alla sostenibilità e all’ecologia delle costruzioni, sia attraverso l’uso delle nuove tecnologie informatiche, che consentono l’apertura di nuovi canali di comunicazione e scambio con il mercato.
Possiamo e dobbiamo riprenderci il credito che ci spetta, chiedendo equità e correttezza alle banche ma anche facendo fino in fondo il nostro lavoro di imprenditori, dimostrando cioè di saper cogliere le opportunità presenti sul mercato.
(Articolo tratto da "Il Commercio Edile" n. 03 Marzo 2012)
La congiuntura economica penalizza il mondo delle costruzioni, che vive in questo periodo dell’anno la stagione meno propizia per le vendite, ma i problemi del mercato assumerebbero ben altra rilevanza se le nostre aziende riuscissero a ottenere condizioni eque per l’accesso al credito.
Possiamo e dobbiamo fare di più per selezionare la nostra clientela in base all’effettiva solvibilità, allo scopo di riportare il fenomeno dei ritardati pagamenti alle sue dimensioni fisiologiche.
Ciò nonostante, per affrontare il periodo che ci separa dall’inversione della tendenza dominante, quello che manca veramente alle nostre imprese è un rapporto equilibrato con gli istituti di credito.
La situazione era già critica ma, dal settembre scorso, è ulteriormente peggiorata.
Le banche - è accertato - non concedono più i finanziamenti richiesti alle imprese che operano nell’edilizia, penalizzando l’intero settore e, in particolare, i distributori che ne costituiscono il perno.
Nessuna apertura di nuove linee di credito e, cosa ancor più grave, gli affidamenti sono stati drasticamente ridotti senza alcun preavviso e sono state applicate nuove condizioni senza una trattativa con i propri clienti.
Questi fatti sono estremamente gravi e giustificano la richiesta rivolta al presidente di Confcommercio - Imprese per l’Italia, Carlo Sangalli, di prendere seriamente in considerazione questo problema e di mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione di un’organizzazione così estesa e rappresentativa, per provare a risolverlo.
Sosteniamo con forza che questi provvedimenti unilaterali devono essere preceduti, come peraltro previsto dai regolamenti bancari vigenti, da un’informativa da parte della banca anticipata di almeno 60 giorni, per consentire all’imprenditore di prendere i provvedimenti che riterrà più opportuni, compresa la rescissione del rapporto.
Sono le piccole e medie imprese che, quotidianamente, movimentano denaro sui conti correnti consentendo alle banche stesse di formare il substrato della loro ricchezza.
Dobbiamo prendere coscienza che, senza i soldi e senza le operazioni effettuate dalle nostre imprese, le banche chiuderebbero i propri sportelli. Loro hanno bisogno di noi come noi di loro!
Ma da settembre a oggi qualcosa è cambiato. Il nuovo Governo, oltre a rimettere in sesto i conti pubblici e a ridare credibilità al nostro Paese in ambito internazionale, doveva restituire fiducia agli operatori economici, cominciando da quelli - come le banche - più esposte agli effetti di una crisi che è prima di tutto finanziaria.
Le imprese producono ricchezza, le banche non più! Perciò bisogna che le imprese si prendano un più ampio spazio di manovra, bisogna metterle nelle condizioni di attivare quei processi di innovazione e sviluppo richiesti da un mercato in rapida evoluzione e che, in un momento di crisi, non possono essere sostenuti dalle sole risorse aziendali.
Dobbiamo attivarci insieme, concretamente, a tutti i livelli, affinché il rapporto fra istituti di credito e imprese della distribuzione torni in condizioni di normalità, poiché il nostro settore è già ora uno dei più colpiti dalla crisi e, senza i distributori di prodotti per l’edilizia, si pone a rischio anche una grandissima parte delle imprese edili e artigiane che, in modo onesto e contro tutte le difficoltà, vogliono continuare a restare nel mercato.
Sono fermamente convinto che i colleghi imprenditori debbano porsi all’avanguardia del mercato e dimostrare nei fatti che le loro imprese sono attente al cambiamento e capaci di innovare, qualificando la propria offerta sia con prodotti evoluti, che incontrano le aspettative del pubblico in ordine alla sostenibilità e all’ecologia delle costruzioni, sia attraverso l’uso delle nuove tecnologie informatiche, che consentono l’apertura di nuovi canali di comunicazione e scambio con il mercato.
Possiamo e dobbiamo riprenderci il credito che ci spetta, chiedendo equità e correttezza alle banche ma anche facendo fino in fondo il nostro lavoro di imprenditori, dimostrando cioè di saper cogliere le opportunità presenti sul mercato.
(Articolo tratto da "Il Commercio Edile" n. 03 Marzo 2012)