, Novembre 2011
Il mio Sud
Quando due anni fa, l’assemblea nazionale di Federcomated mi conferì all’unanimità, la delega per sviluppare l’associazione nel Sud Italia, avevo ben chiaro un solo aspetto: l’assenza dello spirito associativo che rappresentava un serio ostacolo allo sviluppo del Mezzogiorno dove un’analisi realistica indica che ci sono solo tre settori industriali degnamente rappresentati.
Oltre a questi tre macro settori - l’automotive (nell’area campano lucana, molisana e laziale), il siderurgico a Taranto e il petrolchimico a Gela - in grado di generare indotto solo di piccole e medie dimensioni, il resto del sistema produttivo è inquadrabile in un artigianato di qualità nell’abbigliamento, nell’enogastronomia e nel settore edile.
I veri motori dell’economia del Sud sono il terziario, servizi e turismo, che di fatto pongono nelle mani della Confcommercio - Imprese per l’Italia e delle sue associazioni federate, la “golden share” dello sviluppo economico dell’intero Mezzogiorno.
Proprio per la sua poliedrica rappresentanza imprenditoriale, all’interno della struttura federale centrale, può trovare posto la sintesi di un progetto di sviluppo integrato e omogeneo sotto il profilo territoriale, culturale ed economico; basti pensare al ruolo che il nostro sindacato potrebbe avere nella riqualificazione energetica e strutturale del patrimonio immobiliare residenziale, commerciale e turistico, ridisegnando, di fatto, i flussi e stimolando lo sviluppo di nuove aree economiche omogenee e collegate.
La nostra associazione ha quindi una responsabilità importante: elaborare delle proposte concrete per dare linee guida nel mediolungo termine al sistema economico meridionale - del quale l’edilizia può esserne il naturale vettore - coinvolgendo e aggregando al proprio interno professionisti, certificatori, artigiani e condividendo con altre categorie commerciali (come, mobilieri, serramentisti, eccetera) strategie comuni legate alla risoluzione di problematiche dell’intero comparto.
È indispensabile che le associazioni territoriali di Confcommercio promuovano la nascita delle Ascomed e tarino i loro servizi in base alle esigenze delle singole categorie. Sostenerne l’attività provinciale in tutte le sedi istituzionali e non, dando visibilità e dignità all’attività dei singoli sindacati, motiverebbe i distributori edili a confrontarsi su problemi reali, concreti e condivisi.
Si pensi, ad esempio, alle difficoltà d’incasso con Enti e costruttori, alla iniqua Tarsu che individua la stessa aliquota perle aree operative e per i depositi; al rapporto e alle sinergie con il sistema del credito, alla gestione del rapporto commerciale con i fornitori e i loro agenti, al ruolo con le altre categorie professionali e produttive della filiera edile, alla gestione di consorzi per il riciclaggio dei calcinacci e dei rifiuti speciali prodotti dalle ristrutturazioni, eccetera.
Tutti problemi comuni, a chiara vocazione territoriale, ma sinergici con le iniziative che la Federcomated porta avanti a livello nazionale e che i suoi rappresentanti territoriali declinano nelle diverse aree del Paese.
In questa mutata congiuntura di mercato, è indispensabile la diffusione della cultura d’impresa che può avvenire solo con il confronto su problematiche e sensibilità comuni in ambito sia provinciale sia nazionale; confronto dal quale scaturiscono soluzioni concrete a problemi reali.
La distribuzione edile deve essere l’elemento stimolante e trainante per far nascere in tutto il Meridione l’integrazione e il confronto tra gli imprenditori mediterranei per dare forza a quel sistema di rete culturale, sociale e imprenditoriale di qualità, in modo che il Sud possa diventare la vera area di riferimento mediterranea, meridionale, mediorientale e balcanico, lo strumento attivo di uno sviluppo complessivo dell’intero Paese anche attraverso il rilancio dell’attività produttiva del proprio patrimonio industriale collocato prevalentemente al Nord.
L’economia meridionale, con un reddito procapite bassissimo e una disoccupazione che arriva al 25 per cento, non può permettersi certe forme di federalismo.
È, invece, indispensabile un ripianamento del deficit delle regioni e dei comuni del Meridione da parte del Governo, in modo che, magari con il contributo del sistema bancario internazionale, si arrivi a una serie di riduzione degli sprechi e delle emorragie statali.
Senza un intervento strutturale, il federalismo finirebbe con il “massacrare” il potere d’acquisto dei cittadini del Sud paralizzando l’economia e stimolando in modo devastante lo sviluppo della criminalità organizzata, altro elemento discriminante e condizionante dello sviluppo. In questo senso, vista la forte presenza d’infiltrazioni delinquenziali all’interno della nostra categoria, è indispensabile una rigida ortodossia e un serrato controllo delle imprese che aderiscono alle Ascomed.
L’associazione, poi, deve sostenere in modo omogeneo, sia moralmente sia materialmente, la cultura della legalità.
Sono certo che questa voglia di ruolo e dell’importanza che le Ascomed e i loro associati possono avere in questa fase della storia del nostro Paese sia l’unica e forse l’ultima opportunità per dare futuro alle nostre aree.
Credo, anzi, sia arrivato il momento di “comunicare” la nostra valenza anche all’esterno della categoria, e non solo agli altri soggetti della di filiera, ma anche al pubblico - nostro potenziale cliente - perché siamo diventati operatori specializzati e propositivi in grado di dare nuovo impulso economico al Paese e non solo al settore.
Se svolto con professionalità, infatti, il nostro ruolo ha un valore sociale.
La mia non è la speranza, ma la consapevolezza che sia l’unica strada e, condividendo l’ottimismo del presidente nazionale Giuseppe Freri, sono fortemente stimolato dal suo desiderio di dare una forte territorialità alla distribuzione edile, consapevole che solo la forza dei numeri e la sua diffusa partecipazione associativa locale possono produrre reali elementi di analisi e condivisa qualità di proposte in grado di dare valore morale al nostro impegno sociale e supporto concreto allo sviluppo delle nostre imprese.
Oltre a questi tre macro settori - l’automotive (nell’area campano lucana, molisana e laziale), il siderurgico a Taranto e il petrolchimico a Gela - in grado di generare indotto solo di piccole e medie dimensioni, il resto del sistema produttivo è inquadrabile in un artigianato di qualità nell’abbigliamento, nell’enogastronomia e nel settore edile.
I veri motori dell’economia del Sud sono il terziario, servizi e turismo, che di fatto pongono nelle mani della Confcommercio - Imprese per l’Italia e delle sue associazioni federate, la “golden share” dello sviluppo economico dell’intero Mezzogiorno.
Proprio per la sua poliedrica rappresentanza imprenditoriale, all’interno della struttura federale centrale, può trovare posto la sintesi di un progetto di sviluppo integrato e omogeneo sotto il profilo territoriale, culturale ed economico; basti pensare al ruolo che il nostro sindacato potrebbe avere nella riqualificazione energetica e strutturale del patrimonio immobiliare residenziale, commerciale e turistico, ridisegnando, di fatto, i flussi e stimolando lo sviluppo di nuove aree economiche omogenee e collegate.
La nostra associazione ha quindi una responsabilità importante: elaborare delle proposte concrete per dare linee guida nel mediolungo termine al sistema economico meridionale - del quale l’edilizia può esserne il naturale vettore - coinvolgendo e aggregando al proprio interno professionisti, certificatori, artigiani e condividendo con altre categorie commerciali (come, mobilieri, serramentisti, eccetera) strategie comuni legate alla risoluzione di problematiche dell’intero comparto.
È indispensabile che le associazioni territoriali di Confcommercio promuovano la nascita delle Ascomed e tarino i loro servizi in base alle esigenze delle singole categorie. Sostenerne l’attività provinciale in tutte le sedi istituzionali e non, dando visibilità e dignità all’attività dei singoli sindacati, motiverebbe i distributori edili a confrontarsi su problemi reali, concreti e condivisi.
Si pensi, ad esempio, alle difficoltà d’incasso con Enti e costruttori, alla iniqua Tarsu che individua la stessa aliquota perle aree operative e per i depositi; al rapporto e alle sinergie con il sistema del credito, alla gestione del rapporto commerciale con i fornitori e i loro agenti, al ruolo con le altre categorie professionali e produttive della filiera edile, alla gestione di consorzi per il riciclaggio dei calcinacci e dei rifiuti speciali prodotti dalle ristrutturazioni, eccetera.
Tutti problemi comuni, a chiara vocazione territoriale, ma sinergici con le iniziative che la Federcomated porta avanti a livello nazionale e che i suoi rappresentanti territoriali declinano nelle diverse aree del Paese.
In questa mutata congiuntura di mercato, è indispensabile la diffusione della cultura d’impresa che può avvenire solo con il confronto su problematiche e sensibilità comuni in ambito sia provinciale sia nazionale; confronto dal quale scaturiscono soluzioni concrete a problemi reali.
La distribuzione edile deve essere l’elemento stimolante e trainante per far nascere in tutto il Meridione l’integrazione e il confronto tra gli imprenditori mediterranei per dare forza a quel sistema di rete culturale, sociale e imprenditoriale di qualità, in modo che il Sud possa diventare la vera area di riferimento mediterranea, meridionale, mediorientale e balcanico, lo strumento attivo di uno sviluppo complessivo dell’intero Paese anche attraverso il rilancio dell’attività produttiva del proprio patrimonio industriale collocato prevalentemente al Nord.
L’economia meridionale, con un reddito procapite bassissimo e una disoccupazione che arriva al 25 per cento, non può permettersi certe forme di federalismo.
È, invece, indispensabile un ripianamento del deficit delle regioni e dei comuni del Meridione da parte del Governo, in modo che, magari con il contributo del sistema bancario internazionale, si arrivi a una serie di riduzione degli sprechi e delle emorragie statali.
Senza un intervento strutturale, il federalismo finirebbe con il “massacrare” il potere d’acquisto dei cittadini del Sud paralizzando l’economia e stimolando in modo devastante lo sviluppo della criminalità organizzata, altro elemento discriminante e condizionante dello sviluppo. In questo senso, vista la forte presenza d’infiltrazioni delinquenziali all’interno della nostra categoria, è indispensabile una rigida ortodossia e un serrato controllo delle imprese che aderiscono alle Ascomed.
L’associazione, poi, deve sostenere in modo omogeneo, sia moralmente sia materialmente, la cultura della legalità.
Sono certo che questa voglia di ruolo e dell’importanza che le Ascomed e i loro associati possono avere in questa fase della storia del nostro Paese sia l’unica e forse l’ultima opportunità per dare futuro alle nostre aree.
Credo, anzi, sia arrivato il momento di “comunicare” la nostra valenza anche all’esterno della categoria, e non solo agli altri soggetti della di filiera, ma anche al pubblico - nostro potenziale cliente - perché siamo diventati operatori specializzati e propositivi in grado di dare nuovo impulso economico al Paese e non solo al settore.
Se svolto con professionalità, infatti, il nostro ruolo ha un valore sociale.
La mia non è la speranza, ma la consapevolezza che sia l’unica strada e, condividendo l’ottimismo del presidente nazionale Giuseppe Freri, sono fortemente stimolato dal suo desiderio di dare una forte territorialità alla distribuzione edile, consapevole che solo la forza dei numeri e la sua diffusa partecipazione associativa locale possono produrre reali elementi di analisi e condivisa qualità di proposte in grado di dare valore morale al nostro impegno sociale e supporto concreto allo sviluppo delle nostre imprese.